Discorso naturale di Ulisse Aldrovandi. Nel quale si tratta in generale del suo Museo, e delle fatiche da lui usate per raunare de varie parti del mondo, quasi in un Theatro di Natura tutte le cose sublunari, come piante, animali et altre cose minerali. Et parimente vi s' insegna come si de' venir nella certa et necessaria cognitione d'alcuni medicamenti incerti et dubbij, ad utilità grandissima non solo de' medici, ma d'ogni altro studioso. All'Ill.mo et Ecc.mo S.or Giacomo Boncompagni castellano di S. Angelo.
 

il povero infermo. Né questo nasce dal medico, / il quale, dal canto suo, ha fatto ciò ch'era di mistieri et bisogno, ma dalla grandezza et vehemenza del male contra la natura debbolissima. Gli antichi medici, greci, arabi et latini, non senza causa, per potere fuggire più sicuramente l'ignoranza et avaritia di questa facultà, usavano solo gli semplici et non composti et, se pure si componeva qualche antidoto, non se gli ponevano se non quelle piante che le loro facultà fussero cognite, e non più di quattro ne ponevano insieme quegli antichi medici. Di qui poi, dal numero quaternario, chiamarono quel medicamento diatesseron.Essendo, adunque, utilissimo usare gli semplici, essendo tanti et diversi dalla maestà di Dio prodotti et sua provida natura, li quali hanno facultà di sanare, roborare, mitigare il dolore, refrigerare, purgare et, finalmente, usarsi per cauterio. A che, dunque, tanti composti usare, se potiamo sicuramente assicurati d'ogni inganno usare gli simplici, sì come testifica Galeno, nel primo libro Della compositione de medicamenti de diversi generi, che adoprare gli composti incerti -et questo ancora lo testificano Avicenna et Hierofilo. Et che ciò sia la verità si vede che quei antichi romani stettero senza medici et cirusici quattrocento tre anni et dieci mesi -et il primo che venne a Roma per medicare fu di natione greca, chiamato


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