Altro non saria il mio desiderio che di potere, per il favore di Sua Beatitudine, col mezo potentissimo di V.S. Ill.ma, communicare a mortali queste mie fatighe opere certo degne di essere collocate in qualsivoglia libraria regale, accioché tali fatiche non periscano, delle quali, tali quali si siano, ne possono fare ampissimo testimonio l'ill.mo cardinale Paleotti et il cardinale Cesis et altri cardinali et mons. Vescovo di Cesena, l'eccellente signor Filippo Sega e tanti altri varii, a quali sono note in parte queste nostre fatiche, quali saranno di grandissimo utile al mondo, se in luce si pongono, favorendomi V.Ecc.ma S. con Sua Beatitudine, come spero e tengo per fermo. Del che ne acquisterà una laude et gloria infinita appresso li mortali et merito grandissimo appresso Iddio, sendo che, per mezo Suo, si darà notitia ad infinite belle cose, buttando a terra tanti errori et falsità introdutte nel mondo a danni di mortali. Et, volendo Sua Santità, come desidero, fare questa honorata e santa opera, la potrà fare facilissimamente, non mancando a quella varii modi e strade di redurre al desiato fine questa nostra preclara impresa, degna di essere favorita, aiutata et abbracciata da ogni gran' prencipe, a imitation de li antichi re e prencipi, per l'utile che n'è per riuscire al mondo. Con questo facendo fine, in Sua buona gratia humilmente mi raccomando, desiderandoLe da il Signore Dio lunga et felice vita. Di Bologna.1 parimente a Roma nel tempo della Pace erano ridotti gl'infermi, quai erano curati da medici, sì come testifica Strabone nell'ottavo libro della sua Geographia, facendo mintione che in Ragusa, nell'isola di Coa e di Trica, era il tempio di Esculapio, nel quale si nodrivano gl'amalati et si attaccavano al tempio, di poi, dopo la lor sanità, le tavolette con iscrittione de remedii per li quali s'erano ridotti alla sanità: forsi questi tempii erano simili agli nostri hospitali. Di questo ancora ne fa mintione l'eccell.mo signor Girolamo Mercuriale nel suo primo libro di varie lettioni, capitolo 13 [nota di Ulisse Aldrovandi, a c. 536 r.].
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