intendere da me, restami solamente a dirle che Cedrum magnam Graecorum esse Laricem Latinorum etiam num sentio. Sed an Cedrus, cuius mentio habetur in Sacris Hebraeorum Literis, Larix sit rursus haereo. Nascuntur enim hodie in Libano monte. Larix, Abies, Pinus et omnes fere resiniferae arbores, cumque iis sui generis arbor nobilis quae nusquam in Europa provenit, quam qui Christum in Judaea et Syria venerantur, Cedrum appellant. Ut tamen hanc Christianorum in Syria Cedrum, eandem esse cum Hebraeorum Cedro credam, multa sunt quae faciunt, sed ea libens praetereo quod alium locum postulent quando et hanc ipsam Hebraeorum Cedrum Graecos non raro cum sua Hippocedro, hoc est Larice confundisse video. Del Macis poi, io tenirei per hora quel medesimo che tiene il Cornario in Commentariis in Dioscoridem et messer Giulio Alessandrino in una sua ad Mattheolum a carte 7 voluminibus Epistolae Matthioli. In quanto poi alle cose da me in questo peregrinaggio osservate, non mi pare questo il loco a narrarle a V.E. essendo il numero delle cose memorabili quasi infinito, né sapendo io dove primo incominciare et dove poi terminare. Però sarà meglio ch'io mi taccia et potrò raccontare il tutto a bocca a V.E. un giorno a bel aggio se le piacerà udirlo. Intanto priego il Signor Iddio mi mandi l'occasione che me faccia vedere et abracciare V.E. che sempre sopra ogni altra persona costì ho honorato et riverito. Né mi occorrendo altro farò fine offerendomi, come è mio debito di fare, ad ogni suo mandato. Bascio la mano di V.E. et nella sua desideratissima gratia humilmente me raccomando. State sano. Di Padova alli 19 de Settembre 1561.
Di V.E. Affettionatissimo servitore Melchiore Guilandini Borusso
L'eccellentissimo signor Falloppia per le molte sue occupationi non ha potuto scrivere a V.E. et le manda oltre la sua opera Anatomica le migliagia delli saluti et raccomandationi
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(1) nota:
BUB, ms. 382, I, cc. 137r.-137v.; FANTUZZI 1774, pp. 222-224. Cfr. infatti la lettera dal Cairo, in data 9 giugno 1559, alle cc. 135r.-136r., pubblicata in FANTUZZI 1774, pp. 219-221. |