Ulisse Aldrovandi fu ben consapevole dell'importanza del ritratto come veicolo di trasmissione di valori non solo artistici, ma anche e soprattutto culturali e storiografici. Le sue convinzioni teoriche, maturate nel settore dell'illustrazione naturalistica, non potevano lasciarlo insensibile a quelle problematiche artistiche che sul finire del XVI secolo, a Bologna più che in altri centri italiani, avevano individuato nella ritrattistica uno dei generi privilegiati per esprimere nuovi convincimenti linguistici. Tra gli artisti incaricati di ritrarre il naturalista - in dipinti, incisioni o medaglie - si ricordano Luca Longhi, Prospero Fontana, Lorenzo Benini, Timoteo Refati, Pastorino Pastorini.
Il ritratto più noto, inserito nel primo volume dell'Ornithologia del 1599 e utilizzato più volte nelle successive edizioni delle opere aldrovandiane, è accompagnato dal distico composto dal discepolo Giovanni Cornelio Uterverio che acquista, nell'accostamento tra il naturalista bolognese e Aristotele, precisi valori metodologici:
"Non tua, Aristoteles, haec est, sed Ulyssis imago:
Dissimilis vultus, par tamen ingenium".
Nel testamento redatto nel 1603, supplicando il Senato bolognese di intercedere presso il pontefice per consentire la costruzione di "quattro, o cinque Stanze luminose, et belle per il Museo, et Libraria" e di provvedere alla loro manutenzione perché "maggiore impresa non si può fare in materia de' Letterati, che augmentare, e drizzare una Biblioteca pubblica", Aldrovandi pretendeva che il suo ritratto - lasciato in eredità al Senato - ne costituisse il principale ornamento. Inoltre chiedeva che nel frontespizio di "tutti li [...] libri delle pitture" fosse posta la sua "Arme, et immagine [...] col suo ornamento pertinente a tal opera". Il ritratto e lo stemma familiare dovevano quindi apparire al visitatore, al curioso o allo studioso, la più evidente testimonianza dell'opera di Aldrovandi, insieme conservarne eterna memoria nella storia del pensiero scientifico.
L'immagine del naturalista bolognese conobbe una fortuna immediata, legata alle vicende delle collezioni, della biblioteca e alle successive edizioni delle opere. Se nel XVII secolo la Respublica eruditorum celebrava il genio enciclopedico aldrovandiano diffondendone l'effigie attraverso le raccolte di uomini illustri, l'inaugurazione nel 1714 dell'Istituto di Scienze di Bologna a Palazzo Poggi avviava un attento recupero storiografico e museale dell'opera di Aldrovandi, in cui il tributo iconografico aveva un ruolo determinante. Significativi, in tal senso, gli affreschi per il salone del Palazzo Aldrovandi (ora Montanari) eseguiti da Vittorio Bigari alla metà del secolo, così come i ritratti inseriti da Giovanni Fantuzzi nelle Memorie della vita di Ulisse Aldrovandi medico e filosofo bolognese del 1774.
Il grande interesse che nel corso dell'Ottocento si diffuse per l'opera di Ulisse Aldrovandi, certamente il naturalista del XVI secolo più rappresentativo (e rappresentato), è testimoniato dai molti ritratti prodotti in tutta Europa. Mentre a Bologna le immagini aldrovandiane ornavano le sale del nuovo Museo di Storia naturale, dell'Istituto Botanico, del Museo Geologico e della Biblioteca Universitaria - in un percorso iconografico culminato nelle onoranze ad Ulisse Aldrovandi tenute a Bologna nel 1907 - nella Histoire des herbiers del 1885 il botanico Jean Baptiste Saint-Lager scriveva:
"On a coutume de placer dans les salles des Musées les bustes des savants qui ont fait progresser la science et particulièrement ceux de Buffon, de Tournefort, de Linné, de Lamarck et de Cuvier. Cela ne suffit pas: il est juste de mettre à l'entrée, d'un côté, la statue d'Aristote, créateur du premier Musée d'histoire naturelle, et d'un autre côté, la statue d'Aldrovandi, qui, après de longs siècles de barbarie a été le restaurateur de cette utile
Institution".
Ai ritratti e ai busti dei protagonisti della scienza moderna, si dovevano preferire quelli, assai più eloquenti, di Aristotele, il primo a cogliere l'importanza del collezionare i reperti naturali, e di Ulisse Aldrovandi, l'ultimo suo ideale "discepolo" che del museo aveva fatto il vessillo di un enciclopedico sapere.
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